Ogni giorno è l'ultimo.
Elaborazione.
Vuoto nulla, volo silenzioso cercando
la fighetta dove nascono le idee, nulla è nulla
immaginando…eccola, picchiata veloce, arresto, esce la lingua
leccatina?…ebbene sì, scorre il ruscello fiume impetuoso
l’ovulo freme, mette fuori la testa, s’allarga la ragnatela, profumi…come dire
impiastricciato di bava il canto del ragno: “Vuoi l’idea?…vieni a prenderla…”
Morso velenoso non sente pietà, lingua cazzetto solletica incanti, infinite stelle
vicine e lontane, pietre di sangue, profumo di fiori e colori, musica il fuoco divora
i sensi al sapore delle parole, danzano le onde sul mare, la spuma, le nuvole, il cielo infinito…
Nel silenzio la lingua toglie l’idea da sotto la ragna, scivola giù e ancora rido
mentre la mastico…
La cotoletta.
Maschera stretta, una corsa senza gambe, rimbombo di cranio,
senza fretta il punto comodo pallone gonfiato di nulla
il tempo aspetta, sulla fine del clip il cursore sbrodola
nella borsetta di carne, passi di canguro saltando le note
al rider di una barzelletta, spostato, scalzato, sballottato
e ripiantato in una fighetta…
Maledetta la parola che fu partorita in una lingua di fuoco
la morte allo specchio, una sfida che alletta, vincere l’onda
contraria a cavallo della bicicletta, il vento, gli spruzzi…
Nel buio della stanzetta si apre una finestra al sole dell’alba,
la luce perfetta.
Il paese dei campanelli.
In una goccia di sangue nominato piscio si legge la storia
-toccata dal dio, fuga e corale-
gran baccano si dice, il paese dei campanelli, campane battono a stormo,
-la piazza gremita a rotolar le palle-
aperte le gambe alla goccia di mestruo, l’ovulo morto dell’ermafrodito
è goccia di sperma, leccato sulla punta della lingua lo spermatozoo saltella,
-e bene e male è manicomio-
Grido di massa l’oceano s’alza a inghiottire l’esca golosa che non dice non fa
-è morto che parla-
l’immagine dice dal culo una lingua di merda girata, rinominata e baciata
in aere di peto…
Bocca bianca in culo nero la metafora si espande gonfia di nulla
-mongolfiera-
pioggia di sogni orinati nel pisciatoio comune mischiati mescolati d’apparir
tanti di uno che canta nell’aia appoggiato al bastone
-la fisarmonica-
è festa la notte, di giorno riposa il sole stanco di brillare luce non sua
-appiccicata in eclisse-
Seguendo l’orma di cacche pestate e ossa macinate di morti mai nati.
Il cigno, le ali addormentate nel nido della favola, catena di sospiri mai digeriti
l’intestino del tempo vomita pietre o peti e parole quello che fu
-a nominare il meno e il più-
di questo filo che il ragno tesse alla sua mosca…