Ogni giorno è l'ultimo.
Tratto da “il fantasma di Michelangelo.” cap. 1
Rimaniamo un po’ a parlare del futuro, le cacce su pianeti inesplorati ai confini dell’universo, i banchetti serali ai falò con stormi di puttane e ballerine ad allietarli, le guerre con le astronavi tra le stelle e sopra e sotto gli oceani quando nello stanzino entra una bigotta grassottella di mezz’età, tipo quelle che si vedono di solito gremire le chiese e le anticamere dei medici della mutua, con un cane al guinzaglio, un pastore tedesco vecchio e spelacchiato, si guarda intorno con aria vergognosa facendo finta di non vederci poi si sdraia su un lettino. Il cane subito le salta sopra con la lingua fuori sbavante e visibilmente arrappato, il pene rosso ed eretto, col muso cerca di sollevarle la gonna, la bigotta serra le gambe ed allora il cane le stringe un braccio con le zampe anteriori e ci sbatte sopra il pene simulando una copula, la bigotta lo prende al collare e lo fa scendere dal lettino intimandogli di stare buono a cuccia. Mentre il cane si stende sotto il lettino cogli occhi imbronciati ancora ansante d’eccitazione la bigotta dice guardando il soffitto che riflette le sabbie mobili sopra: “Tu…l’altro libro, quello con la troia giornalista, perché hai smesso di scrivere…mi hai evocata e…io…sono Diana, la Cristina del dottor Faust, sono secoli che ti voglio parlare, tu non sai, io…”
Si zittisce non trovando le parole per continuare, Macaco la guarda curioso e divertito, ne approfitto per rispondere: “Scrivere è fatica e l’autore nessuno lo paga, ha visto come andava a finire confrontando le probabilità con la sua esperienza ed ha trovato la storia ridicola, banale, priva di qualsiasi interesse…”
“Questo lo dici tu!” strilla la bigotta schizzando saliva avvelenata. Mentre il cane si agita sollevando la testa e accennando un ululio che esce flebile e invisibile la bigotta continua: “Io sono la madre di Dio, e anche sua sorella, sua moglie, la sua amante, sua figlia…io, tutte mi invidiavano per questo, tu non sai, mi tenevano rinchiusa, non potevo uscire, fare niente, io…avevo solo questo cane, lui…quando mi dissero che eri morto io…lo sapevo che non eri morto… poi arrivò un altro ma non eri tu però tutti dicevano che lo eri ed io…facevo l’infermiera, i cristeri li preparava lui ma eravamo noi a farli, le sue assistenti, lui era il Cristero e noi ci chiamavano Cristine, era un segreto, tutti lo credevano un grande dottore ma noi sapevamo, lui ci aveva rese complici…tu…io ti vedevo dalla finestra, non ci facevano uscire, tu…eri giovane, bello, io…sognavo di allungare la lingua fino a te e ti leccavo tutto, tu…”
“Stai parlando di Merdino, il figlio del boia?” le chiedo.
Lui, non so se si chiamava così, io…sognavo che eri mio figlio e anche amante e poi, facevamo…ma poi mi svegliavo e c’erano solo muri intorno a me, io…avevamo delle bambole, si potevano aprire, dentro c’erano gli organi che si potevano staccare e sostituire con altri, tu non sai, ci mettevamo organi di animali ancora palpitanti, e anche, i condannati e anche… c’era un commercio fiorente di organi per le bambole che rendeva un sacco di quattrini, soprattutto i cuori ed era lui a gestirlo, servivano a curare i malati dell’ospedale, dopo lo scandalo si era dimesso da primario ma continuava ad esercitare, i malati si fidavano solo di lui…aveva la pietra… ma questo…io ci parlavo alle bambole e ne avevo una che sembrava un maschietto, era un orsacchiotto, gli parlavo ed eri tu e lui, il grande dottore, ci trattava come schiave, noi lo sapevamo chi era veramente, dicevano poi ma…i dipinti della crocifissione…io, era un altro, non lui, era piccolo, brutto, calvo, un porco! Ci faceva…”
Il respiro le diventa affannoso e non riesce a continuare. Le dico: “Calmati, non correre, vuoi che continui per te?”
La bigotta respira profondamente, si calma e risponde: “Tu sai già, lo dicevano tutti che saresti diventato un mago, anche le altre erano…ma io…no, sono secoli che mi dico queste cose, fammi parlare, io…lui, il grande dottore, era falso, mentiva, di notte…aveva una banda di nobili, si mascheravano con una barba blu ed andavano in giro per la Lunigiana ad ammazzare la gente, lo facevano per divertirsi ed anche per gli organi, strappavano il cuore alle vittime e anche…rubavano i soldi, le cose di valore e poi…incolpavano gli innocenti e li facevano torturare da tuo padre…lui…noi…ebbene, gli piaceva farsi succhiare il cazzo, quando aveva voglia ci prendeva, una a caso e ce lo ficcava in bocca e dovevamo succhiarglielo e poi…berlo tutto, uno schifo, era amaro, repellente…io succhiavo, ma non a lui, sognavo che eri tu, io…una volta…mi aveva preso quella bambola…lo odiavo, io…”
La sua voce diventa fredda e lucida, continua: “eravamo soli, lui mi aveva fatta inginocchiare e me lo aveva ficcato in bocca, me lo premeva in gola, era infoiato, un cane…io, chiusi gli occhi e strinsi i denti, li avevo forti, strinsi più forte che potei, gli tranciai la cappella, avevo la bocca piena di sangue, lui urlava ed io non pensavo, ripresi la bambola e scappai a rinchiudermi nella mia cella, ero euforica, pazza, sputai il boccone per terra, mi lavai del sangue e poi, dovevo nasconderlo, c’era solo la tua bambola, tu…non pensavo, le tolsi il cuore, lo aprii e ci misi il boccone dentro poi lo risistemai nel petto, lui…eri tu ma in quel momento non pensavo…poi…”
Per non farla lunga la interrompo e continuo: “Ti presero e per salvarti la vita lo denunciasti.”
“Sì, avevano appena saccheggiato il mulino, gli sbirri non volevano crederci e così gli feci vedere dove nascondevano la refurtiva, sapevo dove la teneva, avevo scoperto la stanza per caso, era in una zona proibita dell’ospedale, nessuno avrebbe pensato d’andare a cercare li, l’ospedale era sacro…lo arrestarono subito e poi…”
Si interrompe ancora mettendosi a piangere e continuo per lei: “Per mantenere il segreto ti tagliarono la lingua ed anche alle altre che sapevano e vi rinchiusero in una guglia e dopo qualche giorno lo crocifissero…cioè, finsero di crocifiggerlo.”
La bigotta ansante continua: “Si, ma il boccone non lo trovarono, poi…lui risorse, dissero che era figlio di Geus e…dopo arrivò l’altro…dicevano che eri tu, il figlio del boia che aveva conquistato il mondo ma non eri tu…io non ti vedevo da anni, poi disse che ero sua madre e che lo avevo avuto dal Cristo ed io…ero pazza e non potevo parlare…mi fece portare in trionfo e poi mi rinchiuse di nuovo nella guglia, avevamo tutte la lingua tagliata, la gente veniva a pregare, mi chiamavano l’angela Michela e…avevo la bambola…la cullavo come un bambino, dentro…c’era il mio odio, io…e il mio amore…tu…”
Continua a farfugliare senza pronunciare parole, lascio calmare il silenzio e dico: “In questa storia ci sono troppe coincidenze che non quadrano se non spiegate con la pazzia, tu e quella bambola foste idolatrati e dipinti in una infinità di quadri che poi il Vasari, dopo lo sterminio di Attila rinominò nella Maria ebrea seppellendo il tuo nome nell’inconscio collettivo dei cavatori sotto le nuove credenze e questo, conoscendo le tecniche della pubblicità, non può essere dovuto al caso. Se hai la lingua tagliata come fai a parlare?”
Con voce cavernosa la bigotta continua: “Io sono morta, la sepolta viva, non ho bisogno della lingua per parlare.”
“Forse è stata la tua lingua che hai messo in quel cuore ed il boccone ti si è ficcato in gola e parla per te…sei sicura di non aver letto questa storia su qualche libro e poi…i sogni, nella tua fantasia, hai creduto…”
Con voce irritata la bigotta ribatte: “Tu!…puoi credere quello che ti pare…io, volevo dirti…ebbene, è questo che ti volevo dire, quel boccone non sei tu, è un altro, ti volevo avvertire, loro credono, hanno fatto in modo di farti credere…invece non sei tu, è un altro ad essere castrato, io…sono stata io, io te l’ho messo nel cuore, perdonami, ma non sei tu…devi solo avere pazienza, non ci sei nel sogno…finalmente te l’ho detto, adesso posso morire davvero, finalmente…”
Ci sarebbero tante altre cose da aggiungere ma la figura viene avvolta dalla nebbia e scompare.
Macaco guarda i fumi svanire, sospira e dice: “L’autore è veramente abile ad attirare l’attenzione ma…sono confuso, non vedo il nesso, stavamo parlando di Mishima e salta fuori una bigotta, cosa centra?”
Lo guardo accarezzando la sfera magica col pesciolino dentro che guizza e rispondo: “Veramente stavamo parlando del nostro futuro tra le stelle…ci deve essere un’invidia accecante alla base di tutto che si è accesa ed ha aperto la porta alla bigotta. Non sottovalutare il canone, anche se ne ha la forma non è letteratura, la figura si evolve sempre dalla precedente, è un continuo divenire. Abbiamo visto la falsa crocifissione del dottor Faust, il falso dottore e la nascita del cristianesimo e prima la falsa morte di Mishima, il falso scrittore ed il movimento d’opinione che ne è seguito…non lo vedi il collegamento?”
Macaco rimane in silenzio, ora sembra un congegno le cui rotelle sono tutte in movimento e nel frattempo oggi continua a rimanere oggi.