Ogni giorno è l'ultimo.
Il buco nero.
Vaga la storia di quella pazza
che per gli anni dimenticò la giovinezza
e si ridusse filo a parlare dentro una tazza,
oh quella bocca quanto l’ho amata, carezza
la lingua la lingua sua su quella fiamma
che di tutta la vita ha fatto dramma.
Or tra le gambe si muove il filo,
entra parola nel fiato grave
a cercar di te nel pozzo amaro,
una poesia creata a stilo
solo per far di fetor soave
tutto quel dì che sempre ho caro.
Dentro la fiamma ce ne son mille
ancor che bruciano e fan faville…
La ruota panoramica.
Nella realtà i piedi per terra assaporano il fango,
gusto della Terra, di madre, di vecchio…
giù giù radici invisibili penetrano le viscere,
pozzo profondo d’automi di carne,
lì nascosta c’è lei, l’antica, la fonte di ogni natura,
allo specchio sorgente di ogni pensiero,
un flebile rivolo d’acqua maleodorante…
Così sei diventata fontana d’eterna giovinezza,
giocavamo bambini tra i pali e le vigne
ed ora una voce morente,
il centro del cerchio forato dal compasso piantato…
Musa dolente,
poesia fischiata dal buco di Tisbe,
parlami ancora,
un’ altra farfalla da colorare e far volare tra i fiori,
piangere o ridere è meglio ridere,
la ruota panoramica gira il suo tempo,
il nostro è arrivato, la stazione alla posta…
La città.
Tigre mosciata s’ingrigia il pelo a caccia di chimera
non c’è dente per affondare non c’è unghia per graffiare
c’è la lingua per leccare tanti bocconcini
sul trenino delle vie.
Cala la scala giù dal pensiero tant’anni creduti nella favola,
vive la realtà sulle sue gambe un giorno allegro
per esser solo ma in buona compagnia.
Senza parole.
Senza parole un esile filo s’appiglia la vita
un passo alla fossa scavata di fresco
profumo arcano dell’essere nulla
un piacere mai provato
tizzone spolverato sotto la cenere
s’attizza
al nuovo giocattolo…