Ogni giorno è l'ultimo.
L’uovo.
L’anima della natura in un rutto sguaiato
rimbomba lontano scavalcando mari e montagne
antitesi banale tra bocca e culo
di quel che mangia e quel che è mangiato.
Peti multicolori rinfrescano l’aria
dolcezza dolente di un doppio cantare
che vergine lingua si appresta a intonare,
ama l’uccello andare a caccia
nella selva oscura che tra tante storie vede la traccia.
È fatta per mescolare sabbia e carbone
fedele gesta di un can barbone
si vede si sente si tocca
il ditirambo
per ridere e correre e precipitare
tra quelle braccia.
Il web.
Visti dal passo
i monumenti
in fila per uno rompevano il casso,
son casi frequenti
pulendo stalle
di far con la merda certi momenti,
gran giri di palle
stretti di cinghia
alzano la nave fin sopra la valle,
sapore che avvinghia
parole strette
a cuocer di brodo attorno alla minghia…
Ciucciando le tette
coppate a riga
d’un paio di vacche che al diavolo vendette
il getto di figa
venuto a tiro
falciò quel tormento come una spiga.
Solo per sfida di ogni potenza s’abbracciò al vampiro…
Il porco comodo.
Un filo delicato vien giù il ragno a domandare
sul tavolo pieno d’aria da plasmare
di là dalla porta stanze passate un grattacielo
di qua m’abbraccio al ragno per succhiare
il buon vino della fortuna
che mai per caso la cicala canta.
Poesia son le immagini che volano sulle parole…
Lo strucco.
Grotta buia, silenzio, nessuna origine, si indovinano ombre nell’aria che volano frusciando sulla pelle nuda, brividi d’un racconto di Poe dimenticato in un cassetto, le pareti si stringono ma non si vede, non c’è luce poi si sente gocciolare, splash, la goccia tintinna monetina saputella e s’allunga una lunga lingua fino all’orizzonte, tra le tenebre pare, soltanto pare, sorgere l’alba, l’acqua scroscia distante e s’avvicina un fiume, nell’attesa s’accende una lampada nel camerino, appare uno specchio
e l’attore entra per struccarsi.
Immagini dipinte da un madonnaro sulla strada che i piedi calzati di ferro del tempo calpestano, sbiadite, semicancellate le maschere, un rotolo di carta ricoperta da scarabocchi s’allunga a tappeto, parole, nomi, frasi che si svegliano tra la polvere, qualcuna tossisce, altre starnutiscono nel via vai di macchine che s’apre alla città poi s’alza un elicottero e si vede da lontano, diventare sempre più piccolo, laggiù, il mondo.
Nello spazio aereo sulle nuvole si vola leggeri, le ali aperte, tra gli spruzzi di spuma iridati dalla poesia, solo l’attimo creativo, solo lui, la sorgente che s’alza brillando verso le stelle, un oceano di fuoco
sull’ l’onda che avanza…