Ogni giorno è l'ultimo.
Il bello e le bestie.
Una parola fa l’uomo nome
d’un lungo cazzo tirato a razzo
che non si specchia di fronte al come
forma non è la trasmissione
che l’aria canta sul far che pianta
per seminare vento nella canzone
oggi lo toglie da quel cognome
che lega quadri a partorir di madri
per ricordar il peso delle sue some
lingua sciolta nel suo portone
a macinare il tempo che corre il lampo
da qui all’orizzonte d’un sol coglione.
Il software.
Macchinette strombazzanti sulla via
chiamalo software che va di moda
parole rutti scoregge fuggon via a scappamento
s’alza un grande polverone di tutto quel che s’è detto
il fenomeno da qui a là
gira largo il manicomio quel che è buono perché non è cattivo
cattivo non è, allora cos’è buono?
Il bello invece si vede ad occhio nudo
quel che piace la libertà
la dimensione della gabbia,
lo spazio
ali son polmoni che respirano quell’arietta pura
tutt’orecchi per sentire il profumo che le parole san cantare…
Ebbene sì, un computer
artiglio il software e lo sposto nel cestino
basta un clic…
Elogio della pazienza.
Tutti quei sogni nel cassetto
dimenticati
profumano l’aria di un petto
per gonfiare la mongolfiera
o gli insaccati
il dì che ognuno spera.
Parole tutta l’aria per plasmare
il gioco
lunga riga da leccare
per il tocco della lingua
dura poco
il sapore di quell’acqua.
Oggi è vero quel che è vivo
stupidate
quel senno di tutto privo
canta allegra la cicala
d’estate
il suo tempo in ogni scala
che a suonar zappa nell’orto fin che giunge al suo porto.