Ogni giorno è l'ultimo.
Quella notte ero uscito dalla tomba per fare quattro passi sul monte, camminando tra alberi bui e ronzare di mosche che si appiccicano al sudore, facevo incetta e riempivo la mano poi chiudevo e riaprivo e nulla trovavo, sull’orlo del precipizio guardavo la luna tramontare dietro i tetti di un sogno, cercavo l’ispirazione per una bella poesia, qualcosa di allegro e scrissi:
“Un’ oca fa lo spogliarello sul banco di un macello,
con quale arte volano via le piume strappate,
questo di altro è il bello,
mentre lei, la gola tagliata, non s’accorge delle risate…”
La falce della luna era calata silenziosa e letale su un ceppo fiorito, dai comignoli delle case si alzavano vivaci scintille a riempire la notte di stelle, non riuscivo a ridere, feci una palla di carta, la buttai nel cestino e riprovai:
“La cucina profuma di quattro stagioni,
sul profumo dei fiori ronzano le api
un fiume di miele sgonfia i coglioni
della giostra incantata cintata da siepi…”
La rima non mi piaceva, intanto era arrivato il vampiro, chiedeva il soldino d’un sorso di sangue, era vestito da Superman, volava come una lumaca sulla sua bava, era fatto di giorni strappati al calendario e ci trovai le parole di tutta la vita, trovai il cordino che lo teneva legato e tirai forte, soffiò il vento d’una scoreggia e si sgonfiò tra quelle stelle. M’era venuta fame, si sentiva il profumino dell’oca arrostita, sul palco friggeva ballando tra le cipolle, allora scrissi:
“Il lago si specchia nell’oceano infuriato,
maturano frutti tra dita di legno,
foglie gialle d’autunno fan fatto lo strato
sul bianco tappeto di un ciondolo lasciato per pegno…”
Il cestino si stava riempendo, venne giù una meteora e mi disse di montare su quel volo che all’attimo piace, breve lo spazio di un lume che brilla per poco, la miccia di un fuoco, una freccia scoccata all’ora indicata, il pennello della poesia colorava la scia ed il profumo dell’avventura tracciava la via, su quel senso che intende calò il sipario mentre l’alba schiariva un altro giorno.