Ogni giorno è l'ultimo.
La guerra di Piero.
Le tante facce dell’io in fondo al pozzo
eco frangente di specchi smarriti
stigmate datate su un disco gettonato al juke box,
suona la nenia chi questo e chi quello
quando non resta che fottersi la noia
“la vita uno straccio gettato al pattume”
senza ricordi rubinetto di ore
sgocciola piano sul filo d’un fiore che s’apre,
alza il profumo alle nuvole
e vola lento nel mare di nulla…
Il confine,
il segno tra il chiaro e lo scuro,
il filo di corrente che cinta le vacche al pascolo,
l’hardware,
finito il cibo si devono spostare in un’altra cinta e via così,
per le vacche…
Il serpente striscia tra i sassi arroventati,
sfrega su pagine scabrose,
pomice di sogni avvelenati,
tra i piedi calpestati dalla strada,
sotto le gonne contro mutande di sangue duro,
tra i denti masticati da insulto e minaccia,
sulle unghie della tigre sfoderati alle stelle,
stretto il passaggio la pelle scorre e abbandona,
fuori un nuovo giorno, le ali aperte all’orizzonte.
L’uccello.
Far cicala tutto l’anno
vita beata senza affanno
ricco solo d’aver niente
da spartir con altra gente
contro il fato che bombarda
peta il culo a banda larga
splende il sole o tuona lampo
non si piega dal suo stampo.
Odio e amore non conosce
nel grattarsi tra le cosce
arde fuoco di passione
nel sfondare ogni portone
bello è andare a vendemmiare
nelle vigne in mezzo al mare
sprizza l’uva il sugo amaro
ma è dolce al palombaro.
Ogni dì s’avvera il piano
di star fuori dal pantano
tutto è gioco al suo dovere
speso in vista del piacere
beve a fonte d’allegria
nel burlar qualunque sia
ali ha pronte nel cassetto
per volare ad ogni effetto.
Le più belle d’agosto.