Ogni giorno è l'ultimo.
Al buio i gatti sono tutti bigi, Orfeo scese all’inferno per riprenderla ma lei si era impiccata, stava appesa sul ramo più alto della città ed il suo cadavere danzava, il diavolo gli disse che quella non era lei ma una bambola, Euridice era nascosta dentro ancora viva e se riusciva a tirarla fuori poteva farne quello che voleva.
La storia solitamente nasce da un’idea, l’idea è una cosa astratta che si può vedere da molti punti di vista, ogni punto sviluppa delle probabilità che si possono sviluppare nella narrazione, gira e rigira si vede tutto bigio, finalmente si accende una lampadina ed ecco come andò.
Sia ben chiaro che qui siamo solo parole e qualsiasi riferimento a personaggi e fatti della realtà è puramente casuale, per strada mi disse di chiamarsi Elena, che era stata rapita appena nata dagli zingari e venduta ad una famiglia che non le piaceva allora era scappata e si era messa a fare l’attrice in un teatro ma neanche quella vita le piaceva allora voleva farla finita ma dopo avermi visto si sentiva un’altra ed era contenta che l’avessi rapita.
Discorso sconclusionato, ero annoiato e la ascoltavo distrattamente, sapevo che quello che diceva non era vero, il suo corpo per dirla così puzzava un po’ come le parole, intanto pensavo che avrei potuto portarla al manicomio e lasciarla lì ma a quell’ora era chiuso così decisi di andare a casa e poi al mattino avrei fatto il resto.
Il suo corpo era caldo, aderiva al mio in un “incastro” perfetto, una paura sconosciuta mi attanagliò il cuore, quando mi voltai lei non c’era più, di là dalla porta dov’era uscita rombavano le fiamme dell’inferno, richiami allettanti, a quei tempi non sapevo che era un teatro e tutti recitavano così ci cascai dentro o forse finsi di farlo…
Arrivati a casa lei si comportò come se fosse sua da sempre, era pratica di ogni angolo, gorgheggiava come un usignolo volteggiando sulle punte, buttò la sacca sul tavolo, la aprì e tirò fuori la corda, sembrava una magia, la corda in un attimo si trasformò in un pupazzo di pezza, aveva l’aspetto di un bel principino delle favole pasciuto e soddisfatto di sé ma vedevo bene che era un altro, adagiò il principe sul divano baciandolo ed accarezzandolo con trasporto.
Le proposi di fare un bagno intanto avrei preparato qualcosa per cena, lei leccò gli occhi del principe e si alzò con i suoi luccicanti di pianto, disse che non aveva fatto nulla di cui pentirsi, mentre bolliva l’acqua per la pasta l’ascoltavo sciacquare nella vasca, il principe sul divano faceva scena muta e guardava da un altro mondo.
Quando uscì dal bagno sembrava un’altra, m’accorsi che era bella e mi piaceva, nuda la pelle luccicava di riflessi dorati, i seni si protendevano pronti ad allattare, le gambe affusolate, il viso aureolato di un angelo, le porsi un accappatoio, non avevo fretta di cambiare idea e cenammo in silenzio, lei teneva il principe in braccio e lo imboccava ma non riusciva ad eccitarmi, il pubblico brontolava in attesa che entrassero i leoni per sbranare i cristiani, si sentivano fischi ed insulti a non finire, la sua bocca era sensuale, la lingua rossa usciva felina a leccarsi le labbra, i denti biancheggiavano spietati, l’immaginai mentre scivolava sotto il tavolo mi sbottonava la patta e si metteva a succhiarlo, ce l’avevo duro da far male, con un colpo secco chiuse i denti e mi tranciò la cappella, una fontana di sangue si alzò dalla Terra, ritirai frettolosamente il sogno e la guardai preoccupato, lei fece finta di nulla e con le labbra accennò un bacio voluttuoso…
Dopo cena eravamo tutti e due brilli quanto basta, le dissi che la prima parte del piano si era conclusa ed eravamo arrivati al poi… lei cullando il suo principe rispose che non era tipa da darla al primo che capita, disse anche altre cose ma a quel punto mi saltò la mosca al naso, le strappai il pupazzo dalle mani e lo gettai fuori dalla finestra poi la presi per i capelli e con violenza la trascinai in camera da letto.
Divenne docile, si stese ed aprì le gambe, la femmina era in calore, un serpente d’odore uscì dalla sua figa aperta a caverna, s’avviluppò intorno alla gola e mi trascinò in quella bocca affamata, mi stesi accanto a lei ed iniziai ad accarezzarle i seni, la sua pelle vibrava come i tasti di un organo di carne, una musica solenne rimbombava tra le navate della chiesa, i fedeli inginocchiati erano rapiti dall’estasi, lei si lasciava toccare senza reagire, era fredda, una morta, l’abbracciai delicatamente e le trasmisi il fuoco che avvampava di desiderio, l’incendio divorava secoli di attese deluse, cominciai a baciarle le labbra, i seni poi scesi delicatamente sciando con la lingua il suo ventre ed iniziai a mordicchiarle il clitoride.
La bolla purulenta scoppiò, l’aria si impregnò di un puzzo terrificante, lei gemeva dalla voglia, mi spinse la testa contro il pube, questo era un ribollire di mestrui vulcanici, la lava iniziò a colare, a quel punto la sua figa si trasformò, divenne una faccia barbuta e sofferente, l’immagine di Gesù Cristo, le labbra si aprirono spesse e purulente e nel fetore dell’alito marcio disse: “Baciami Giuda…”
Nella foresta si è fatto giorno, la scala stregata si alza gradino dopo gradino al risultato, nella fossa i parassiti hanno terminato di banchettare, di Dùcento son rimaste solo le ossa, la terra si mette a tremare mentre la figura svapora tra le nuvole del nulla.
Pingback: Euridice all’inferno. (fig.10) – Bridge.