Ogni giorno è l'ultimo.
Quella volta mi capitò di morire e venne subito il diavolo a prendermi.
Rimasi sorpreso dal suo aspetto, era giovanissimo con due splendide ali impossibili da descrivere a parole e cosa straordinaria assomigliava moltissimo a me da bambino.
Il diavolo, senza porre indugi, disse: “Vieni che ti devo portare all’inferno.”
Ero nelle condizioni di guardare, sentivo i profumi, i suoni, i sapori e toccavo con gli occhi però non riuscivo a vedermi come se fossi invisibile, rimasi sconcertato dalla sentenza e protestai: “Perché all’inferno, non mi sembra di aver fatto cose tanto malvage.”
Il diavolo scoppiò a ridere, tintinnava d’allegria e ribatté: “La realtà non è come dicono i libri, te ne accorgerai da solo, abbiamo un lungo viaggio da fare, dobbiamo prima andare in paradiso e poi scendere per il purgatorio.”
Ci incamminammo, lui davanti un po’ saltellava giocondo un po’ svolazzava con le sue alucce specialmente quando passavamo vicino ad una bella bambina e cammina cammina arrivammo ad un immenso cimitero monumentale, una cosa faraonica, campi vasti come città disseminati di tombe circondati da palazzi alti come grattacieli fitti di loculi risplendenti, su ognuno una croce ed un nome più o meno sbiadito, si sentiva profumo di crisantemi sfioriti e c’era qualche grillo che cantava qua e là nascosto nell’erba.
“Ecco!” esclamò il diavolo, “questo è il paradiso.”
Rimasi sbalordito dalla notizia e chiesi: “Cosa mi vuoi far credere, un paradiso questo?”
Il diavolo rideva, una cascata di buon umore, un piacere guardarlo, fece vibrare le ali e rispose: “Ti sei proprio ingrullito, con tutti gli anni che hai passato a studiare la filosofia non l’hai ancora capito? Qui le anime hanno raggiunto la totale assenza di male e vivono eterne nella contemplazione del santo nome.”
La risposta mi lasciò perplesso, nomi ce n’erano tanti, ma proprio grazie a tutti quegli anni passati a studiare la filosofia non lo diedi ad intendere, intanto eravamo arrivati ad un punto dove stavano scavando una fossa, era in un’area comune dove le tombe erano spoglie e anonime ed i nomi insignificanti e stavano seppellendo proprio me o meglio quello che ero stato perché in quel momento ero decisamente un altro. Il diavolo notò la mia indecisione, mi prese per mano e mi trascinò dentro la fossa aperta.
Scendemmo per una lunga scala a chiocciola e finalmente arrivammo davanti ad una porta, il diavolo la aprì ed entrammo nell’attico di un immenso edificio piramidale, sembrava un ospedale e c’era un sacco di gente di tutte le età e i sessi che camminava per i corridoi con passi trascinati e sguardi assenti e tanti altri se ne indovinavano all’interno delle camere da dove proveniva il suono di televisori accesi ed un forte profumo di oppio, le televisioni trasmettevano spettacoli di varietà, partite di calcio e di tanto in tanto scene sanguinose dove gli attori urlavano atrocemente per il dolore. C’erano siringhe usate sparse da tutte le parti e continuamente ne venivano buttate dalle stanze, squadre di spazzini vestiti da maggiordomi inglesi passavano per pulire e ne portavano via a camionate.
“Non ti preoccupare..” disse il diavolo, “non ci possono vedere. Qui siamo al piano alto del purgatorio, dove vivono i nobili, anche questi contemplano il santo nome e non sentono alcun dolore eccetto quando muoiono ed allora li trasmettono in televisione, non è un posto interessante, guarda e passa senza fare domande.”
Proseguimmo in un disimpegno che nelle intenzioni piramidali avrebbe dovuto scendere ed invece continuava in rettilineo ed entrammo in un enorme edificio dell’ospedale, l’odore di medicine era fortissimo e sull’immagine dell’altro c’erano vecchi che camminavano per i corridoi con sguardi stralunati, molti con parti del corpo mancanti su sedie a rotelle, nelle camere le televisioni accese trasmettevano la solita zolfa di canzonette, partite di calcio ed urla strazianti.
Il diavolo disse: “Anche questi hanno raggiunto la liberazione dal male e sono ormai prossimi al paradiso.”
Non so perché in quel momento mi vennero in mente le campagne ai tempi che non avevano ancora inventato il frigorifero quando i maiali erano fatti a pezzi vivi e mangiati un po’ per volta ma non ero in vena di fare dello spirito perché eravamo arrivati in una grande città del tutto simile al paradiso, c’era traffico ed un sacco di gente che camminava sui marciapiedi entrando ed uscendo dai negozi e dai portoni, dalle finestre aperte si sentivano le televisioni trasmettere a tutto volume con intermezzi di bombardamenti americani su gente indifesa e cristiani divorati dai leoni.”
Il diavolo sogghignando disse: “I giornalisti…quelli lo sanno cosa piace al pubblico…” poi mi fece notare delle lunghe file di persone davanti gli ambulatori medici e aggiunse: “quelli stanno terminando il periodo di espiazione e sono in attesa del permesso per entrare nei piani alti, guardali come sono contenti…”
Questo diavolo era proprio un tipo, non riuscivo a capire a cosa alludesse, sembrava una probabilità in progetto e decisi subito di scartarla, la traversata della città durò a lungo, toccammo tutti i continenti e le isole degli oceani ed infine arrivammo al fondo, sempre procedendo in piano.
Qui c’era un accampamento di zingari, un grande accampamento di zingari.
“Siamo quasi arrivati.” disse il diavolo in un soffio.
“Questo è l’inferno?” gli chiesi.
Lui sornione rispose: “No, siamo fuori dal purgatorio ma non ancora a casa, una specie di limbo, una terra di nessuno.”