La dottoressa Giuda.

 

A quei tempi (fossero già passati) vivevo in un pertugio piccolo piccolo, si vedeva appena e sopra quel pertugio avevano costruito un grattacielo enorme che diventava di giorno in giorno più pesante, si può dire che stava su per miracolo e ondeggiava al vento un po’ qui un po’ là e certe volte mi sentivo proprio sballottato.

Dopo una vita di non si sa come ero diventato vecchio, avevo perduto quasi tutti i denti e quei pochi rimasti erano marci e stavano cadendo, avevo un alito da far vomitare i cani e quando dalla finestra guardavo la vita frenetica che animava il grattacielo non mi crucciavo, qualsiasi rapporto con una donna lo vedevo come un fastidio impronunciabile, solo l’idea mi faceva grattare da tutte le parti, non c’erano probabilità ed allora scrivevo, facevo musica, disegni al computer, passeggiate, squisite cenette, insomma mi rendevo conto, anche grazie all’esperienza acquisita, che stavo bene e potevo amare solo esclusivamente me stesso perché mi piaccio un sacco!

L’altro giorno, la sto guardando proprio adesso, sul muro è apparsa una crepa, una sottile fenditura tipo quella da cui si parlavano Piramo e Tisbe. Sorpresa nel tran tran, incuriosito sono andato a guardarla, i margini della crepa erano leggermente arrossati, sembrava una ferita nella carne e dal buco si sentiva scivolare uno spiffero che metteva i brividi, in quel mentre il grattacielo sopra s’era messo ad ondeggiare, si sentivano boati, rimbombi, sordi cigolii ed il pertugio tremava.

Ci misi l’occhio per guardare dentro, era tutto buio, nel buio si immaginava il camice di una dottoressa, solo il camice, non so bene perché ma seguivo l’istinto, dentro era vuoto ma lo spiffero sussurrò acre e velenoso il nome “Giuda”.

Sembrava un insulto ma non mi scompose, invece scomposi le lettere della parola e la trasformai in “Guida” poi seguì l’ “Iscariota”, feci lo stesso e anagrammai “Cristo aia” l’aia di Cristo, si vedeva un cimitero immenso cioè la pianta del grattacielo ed in questo cimitero, su un loculo rialzato, c’era una donna in camice che teneva comizio ai morti e quelli l’ascoltavano, non si sa come ma è così.

La figura presentava diverse angolazioni, era sfaccettata e su ogni piano si rifletteva più o meno la stessa scena, per dirne una si vedevano i morti nelle tombe come asini che tenevano la testa sotto terra come struzzi e dal culo cagavano monete, c’era uno scroscio continuo e dal pulpito la dottoressa continuava la sua orazione ininterrotta.

L’istinto di Giuda, antonomasia del traditore, qui si vedeva una donna e la cosa mi incuriosì ed allora ci lavorai su e scesi nelle probabilità fino all’Eden, il paradiso terrestre.

Nella letteratura ufficiale non ci sono più, forse in qualche antico testo ebraico si potrebbero ancora trovare ma non ho voglia di andare ad accertarlo comunque è probabile che prima di Dante dovevano circolare storie sulle lamentazioni di Adamo ed Eva dopo la cacciata, uno che accusava l’altra e l’altra che accusava l’uno, “Amo et odi, la malafemmina” ecc. qualcosa nello strascico c’è ancora, se si apre un qualsiasi libro o si guarda una qualsiasi pagina dei blog di poetastri che pubblicano sul web si legge solo quello.

Dall’effetto si risale alla causa probabile, nel cimitero si sentiva il tic tac di un orologio che sincronizzava i movimenti della comiziante e lo sgancio di monete, il tic tac rimbombava nei piani del grattacielo ma nel pertugio si sentiva appena.

Scaricabarile di colpe basato su un assurdo logico ma la macchina funziona che è una meraviglia, almeno fin’ora, quella fessura nel muro è attraente ma mi piace proprio poco, che succederebbe se sfonda ed il grattacielo crollasse?…

 

robot sfumato

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