Paradiso in terra.

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Una sera di novembre fredda e nebbiosa, l’autore era stravaccato comodo su un divano vicino al fuoco con una pimpante musichetta jazz che usciva dalla radio e stava leggendo un libro quando gli venne un’idea allora mi tirò fuori dalla scatola delle parole e mi posò in una città qualsiasi del grande mondo davanti ad un teatro.

In cartellone spiccava il titolo “PARADISO IN TERRA” commedia semi seria, seguiva l’elenco con il nome del regista e della compagnia.

Non avevo voglia di teatro ma l’autore premeva così spinsi la porta ed entrai. L’ingresso era deserto, alla cassa chiesi un biglietto per la platea, il cassiere me lo porse, pagando domandai se bisognava prenotare il posto, quello alzò un sopracciglio guardandomi con un sorrisetto spento sulle labbra e ritirò i soldi senza rispondere.

Il palcoscenico era coperto dal sipario, la sala era spaziosa, illuminata fiocamente da dei faretti posti sopra i palchi, c’erano centinaia di poltrone ma nessun spettatore, ero solo, tra me pensai che era ancora presto, abbi l’impulso di uscire ma l’autore mi fece sedere al fondo in un angolo buio.

Purtroppo noi personaggi siamo completamente in balia degli autori che ci fanno fare quello che vogliono senza alcun rispetto della nostra libertà, dovremmo protestare ma come si fa.

I minuti passavano, dietro il sipario si sentiva il rumore di sedie che si spostavano e brusii di voci indistinte, in quel momento entrò una coppia, giovani, lui vestito casual coi capelli ricci e lei con una vertiginosa minigonna con gambe lunghe e splendide fasciate dal collant color carne che le facevano luccicare. Si guardarono intorno spaesati poi si andarono a sedere in mezzo alla platea, ridevano e si davano baci, si sentiva lo schiocco.

Non mi avevano visto, passò ancora qualche minuto e finalmente il sipario si aprì, a prima vista la scena sembrava la sala d’attesa di un medico della mutua, c’era una panca al centro con sopra sparse delle riviste, su due lati contro le pareti erano disposte delle sedie quasi tutte occupate da anziani, molti avevano una grossa busta che tenevano stretta al petto, qualcuno leggeva, altri guardavano verso il terzo lato dove c’era la porta del dottore chiusa incorniciata da un alone che sembrava magico.

Entrò un nuovo paziente e chiese: “Chi è l’ultimo?”

“Io!” rispose una donna alzando una mano e subito dopo aggiunse indicando un altro: “Sono dopo di lei!” quello assentì e continuò indicando un altro: “ed io dopo di lei.” Seguì ad onda tutta una serie di “ed io dopo di lei” fino al primo che gonfiò il petto per l’importanza, poi tornò il silenzio.

Dopo qualche minuto entrò una donna anziana e grassa con una grosso fascio di carte sotto il braccio e chiese: “Chi è l’ultimo?…” la scena si ripeté tale e quale ed anche dopo quando entrò un altro.

I due ragazzi dovevano essere sorpresi quanto me, li vide discutere per qualche secondo sottovoce poi si diedero un lungo bacio di lingua e iniziarono a pacioccarsi, lui controllò tutte le file della platea per accertarsi che non ci fosse nessuno e si spostarono vicino alla parete, ripresero a baciarsi, erano eccitati, la sala era al buio ma un po’ di luce filtrava dal palcoscenico, lui le aveva aperto la camicetta e le stava baciando i seni quando la porta del dottore si aprì, un uomo anziano con la schiena curva uscì seguito da una bella infermiera col camice bianco che lo accompagnò all’uscita. Il vecchio zoppicava ed aveva gli occhi languidi come se piangesse di gioia. Appena uscito l’infermiera, con voce autoritaria, disse: “Avanti il prossimo!”

“Tocca a me!” disse uno alzandosi di scatto per seguirla nel santa sanctorum…subito dopo si sentì: “Dopo tocca a me!” quindi: “Io sono dopo di lei!” “Ed io di lei!” e così fino all’ultimo.

I due ragazzi si erano interrotti per guardare, si misero a ridere e ripresero a pomiciare, lei lo stava accarezzando in mezzo alle gambe, si indovinava più che vedere, delle ombre, lui sembrava gradire, le prese la testa con la mano, le accarezzo i capelli e poi la spinse giù, lei non si fece pregare e iniziò subito a spompinarlo, la sua testa ondulava voluttuosa ma si vedeva appena…

Le scene continuavano a ripetersi sempre le stesse, la ragazza andò avanti per un po’ poi vidi lui contrarsi e dopo qualche secondo lei si rialzò passandosi la mano sulla bocca come una gatta… in quel momento l’infermiera, dopo aver accompagnato l’ennesimo paziente alla porta la chiuse a chiave e disse: “Avanti il prossimo!”

Capì che era finito l’orario di visita ed avrebbero smaltito i rimanenti, calcolai la probabilità di colpi di scena ma non ne vidi, la coppia continuava a pomiciare e non sembrava dare peso allo spettacolo, a quel punto l’autore mi fece alzare ed uscire dal teatro.

Mi ritrovai per la strada fino a svanire nel nulla dove finiscono i personaggi finita la storia…

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cacciatore

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