Ogni giorno è l'ultimo.
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Improvvisamente il vuoto
tace il ballonzare di attori
nel favo della spelonca
ingranaggio d’anima repressa
veleno siringato in culo alla superbia
sciacquii di stracci nel pantano
assassino invisibile serpente
abbraccio mortale
giudizio della lingua a stritolare ingiustizia
su una ruota che gira
fantasmagoria spettacolare
da qui al risultato.
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Auguri
sul tapis roulant dell’abitudine
città cimitero lumini alle finestre
paradiso di malati e dottori
beatitudine
tam tam rullano sul fiato del vento
tra le fessure dove il bruco rode
televisioni gettate dalle finestre
parole incanalate alla fogna
un’ astronave da sognare
vagabondi tra le stelle.
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Spento il fuoco
che paglia avvampa
a profumino di fica
golosa zuppa allo sborrare dei cani.
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Più non accende la scintilla
da lampo a tuono ad azzuffare tempesta
a divorare incendio follia d’amore
grugnendo porci in porcaio sozzo.
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Lì c’è la linea tra il dire ed il fare
oltre non va sirena al mare
inutile scoglio aspetta ritorno
di là l’orizzonte la nave in porto.
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Per il nominalismo il nome è forma, se il nome è forma il morto è vivo e di conseguenza il vivo è morto, per dirne alcuni Buddha, Cristo, Maometto, vivi nell’immaginazione collettiva, novelli Cicicov col loro seguito di anime morte, si vede il fiume scorrere, negata la causa l’effetto è conseguenza ma così va questo mondo e non può andare diversamente, allora…
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Morti viventi parole di storia
fantasmi tra i livelli del linguaggio
affiorano al pelo della pagina web
cliccando sulla data
che di ieri fa oggi telefonata a domani
cimitero sparpagliato per strada
parole costellazioni programmate
brilla la notte di stelle
l’intenzione sommersa da dubbi pensieri
che importa?
Nulla!
Nulla ha importanza.
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Porco in tavola senza nome
per una festa a convenzione
quanto avanti aveva cazzone
dopo ha il lezzo di un castrone.
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Tutte le stelle svuotato il cielo
appese all’albero fanno chiarore
lupo nel bosco d’irsuto pelo
sbrana ciambelle con tanto amore.
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Mondo nel mondo un carrozzone
sogna nel nido dolce tepore
motore che romba la sua passione
in fila a zompare puttane e suore.
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Sulla costa dell’orizzonte
da qui a quanto lungo guardare
c’è una carota appesa a un bastone
che gira ad elica soffiando vento
all’onde del mare che frangono l’asino.
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Miraggi e calci in culo
spingono la nave sul rigo tracciato
sfera del mago che guarda le stelle
brillare tra i rami di un albero umano.
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Bello com’è bello il bello più bello
sale la scala immaginare
queste parole fresche di stampo
profumo d’inchiostro tra i fiori da amare.
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Parole ubriache
vomitate sulla carta
coi resti indigeriti di ieri.
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Lassù in cima alla miseria
la bestia apre le ali alla tempesta
plana dolcemente alla sua festa.
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Grufolando in un porcile incendiato
la morte in abito da sposa
porge le labbra al bacio.
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Abbraccio d’oblio
dopo la data una pagina nuova
pergola di vita vergine.
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